Il tempo della convivenza e delle indecisioni è finito da un pezzo, ci si deve impegnare per la tutela e la crescita dei liberi professionisti che con il loro lavoro intellettuale accrescono il PIL del paese. quindi occorre dire si a tutte le buone pratiche che sottendono ad una crescita professionale.
Emanuele N.
Emanuele, ci chiediamo se c’è qualcuno in grado di rispondere alla tua domanda.
Poche righe di grande complessità.
Tocchiamo la professione, e per noi vuole dire fondazione.
Tocchiamo la crescita professionale, e per noi vuol dire Previdenza, Sicurezza e, dove e quando serve, Assistenza, insomma tutto quello che oggi è trattato come welfare integrato.
Non temi banali, e capire il ruolo di DICOSI in tutto questo non è cosa semplice.
Proviamo a ragionare, con il tuo contributo, sui contenuti della tua riflessione.
Scrivi “Il tempo della convivenza e delle indecisioni è finito…”, e noi interpretiamo tale “ultimatum” come la giusta esasperazione di chi, oggi libero professionista, si vede non solo marginalizzato dal sistema sociale e quasi ghettizzato da un giudizio penalizzante di “casta”, ma anche poco considerato nel suo ruolo di traino all’economia del paese e, direttamente della stessa società.
Scrivi, che sono i liberi professionisti che “accrescono il PIL del paese” e, pertanto, sembrerebbe fondamentale che il nostro ruolo venga portato in primo piano quando si tratta di parlare di sviluppo dell’economia e del lavoro, ma così non è e non riusciamo nemmeno noi a darci la corretta risposta.
Per farlo abbiamo costituito la fondazione che, grazie all’intelligente lavoro dei suoi componenti, ha saputo ritagliarsi un ruolo di interlocutore attivo nelle tematiche degli appalti, dei concorsi e della normativa. Basta?
No, non è sufficiente e, forse, aver ritagliato per la fondazione un ruolo quasi “ordinistico”, con crediti formativi e altre amenità, come l’internazionalizzazione ha, di fatto, allontanato la fondazione dai suoi obiettivi prioritari: fare lobby per i liberi professionisti ingegneri e architetti, entrare nei processi formativi delle norme e, soprattutto, parlare a nome degli architetti e ingegneri nei momenti topici della vita nazionale.
Pensiamo all’attuale momento di difficoltà, al terremoto che ha sconvolto il centro Italia ma, su tutto, ha sconvolto le nostre coscienze di cittadini impegnati seriamente nella crescita di questa nazione. E’ accettabile oltre trecento morti nel 2016? E’ accettabile che, dopo esperienze devastanti noi siamo ancora fermi sulle politiche di riqualificazione sismica degli edifici? E’ accettabile che paghiamo la bolletta energetica più cara d’Europa per la politica del solare e non abbiamo una politica di recupero sistematico e di riqualificazione dei centri urbani all’interno delle fasce di prima categoria sismica?
No, non è accettabile.
Qual è la condizione delle nostre scuole, dei nostri edifici pubblici? Crediamo veramente di affrontare il futuro di un mondo globalizzato, oggi virante al populismo acuto, con questi mezzi e infrastrutture da terzo mondo?
Ricordo il sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, quando scrisse, tanto tempo fa, riferendosi a Venezia, che una città è come una lingua. Se non le usi e non le cambi diventano una lingua e una città morte.
E noi cosa crediamo di fare, di tenere in piedi i “Borghi più belli del mondo” con i rammendi, con il nulla delle regole delle soprintendenze, anch’esse le più belle del mondo?
Vedi, Emanuele, non ci siamo, non siamo all’interno dei processi decisionali che contano, non siamo parte integrante delle sensazioni di ciò che veramente serve, perché abbiamo paradossalmente pannelli solari sopra edifici del seicento ma, come stanno in piedi tali edifici, a nessuno frega nulla.
E arriviamo alla “buone pratiche che sottendono ad una crescita professionale”. E’ vero, l’assioma regge perfettamente; se le procedure e le pratiche sono corrette, il professionista può inserirsi al loro interno solo se competente e professionalmente capace.
Allora è anche un problema nostro? Un problema di preparazione?
Negli ultimi decenni, anche grazie alle normative tendenti alla liberalizzazione e alla concorrenza, siamo riusciti a dissipare delle competenze e delle capacità professionali forse uniche.
La guerra delle tariffe, ribassi indecenti, prostituzione professionale, ha portato quasi al nulla la figura dell’architetto e, anche se in misura minore, alla riduzione di quella dell’ingegnere, con livelli medi di reddito che sono la metà di quelli degli avvocati, anche loro inflazionati, e un terzo dei commercialisti, i soli, oggi, a rappresentare la spina dorsale del rapporto tra professionisti e Stato, anche se indubbiamente soggetti alla crisi complessiva della nazione.
Questo, e non altro, è il quadro che tu tracci e dentro la sua cornice DICOSI vuole inserire la proposta di ripartenza, di fiducia nel futuro, di fiducia nelle categorie professionali degli architetti e degli ingegneri e, per farlo, caro Emanuele, DICOSI indica come ente capofila Inarcassa.
A Inarcassa il ruolo di proporre i punti di forza della libera professione.
Dobbiamo saper definire la nostra Cassa di previdenza come punto di forza per rispondere a quello che tu descrivi come “buone pratiche”.
Iniziamo a fare di Inarcassa il punto di riferimento per fare le scelte corrette per i nostri giovani che si affacciano al mercato del lavoro.
Inarcassa, certamente obbligatoria, ma benchmark di riferimento per il futuro dell’associato e della sua famiglia, capace di garantire rendimenti dei montanti individuali, ma soprattutto capace di dare risposte nel campo dell’assistenza nei momenti di massima debolezza e difficoltà dell’iscritto.
In cambio cosa chiede Inarcassa, che tu sia un libero professionista serio, che tu sia rispettoso delle regole per il bene di tutti gli associati, che venga definitivamente abbattuto l’assioma che il libero professionista è il prototipo dell’evasore fiscale, che la figura di rilievo della Cassa di previdenza sia specchio della tua stessa immagine e garanzia per te e per tutti i clienti che faranno riferimento alla tua professionalità.
Questo potrebbe chiedere Inarcassa.
Dare di più, molto di più, ai propri associati, garantire migliori rendimenti attraverso però l’applicazione di regole che tutelino veramente i liberi professionisti, anche se in momentanea difficoltà; premiare chi rimane all’interno della professione e non accetta facili compromessi con forme surrogate della pensione, premiare, anzi, chi rimane attivo all’interno del proprio percorso previdenziale, magari con rendimenti maggiori dopo il compimento dei requisiti dell’ordinaria.
In poche parole, una categoria, quella degli architetti e degli ingegneri, orgogliosa del proprio lavoro e non speculativa, calcolatrice, parassita, alle spalle di un sistema che non vede soggetti primi in evidenza, ma noi stessi responsabili del nostro futuro.
Una cassa che sarebbe scelta indipendentemente dall’obbligatorietà o meno dell’iscrizione, una cassa capace di fare la differenza nelle scelte della vita.
Ecco, Emanuele, la nostra risposta alla tua richiesta di “dire si a tutte le buone pratiche che sottendono ad una crescita professionale”, altro non sapremmo dire, altro non sapremmo trovare, altre non sapremmo aggiungere.
Inarcassa, la cassa dei liberi professionisti Ingegneri e Architetti italiani, la cassa capace di guardare oltre ai problemi del momento per dare una risposta certa al futuro.
Questa è l’Inarcassa di DICOSI.
Un caro saluto.
(A cura della Redazione)